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La gestione dei rifiuti e il decreto Ronchi: un punto della situazione

L’Italia ha recepito la Direttiva Europea n. 156/91/CEE sulla disciplina dei rifiuti e la , n. 689/91/CEE sui rifiuti pericolosi, oltre a quella sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggio n. 94/62/CE, in un unico Decreto Legislativo del 05/02/1997 N.22, chiamato “Decreto Ronchi” dal nome dell’allora Ministro per l’Ambiente che lo ha firmato.
Questo Decreto introduce un concetto nuovo : quello della Gestione Integrata dei Rifiuti, che sostituisce il concetto di smaltimento dei rifiuti come momento esaustivo dell’intera gestione. Tutto ciò seguendo il percorso tracciato dalla Direttiva Europea che definisce la gestione integrata secondo una scala gerarchica:

1. in primo luogo viene la prevenzione tramite la diminuzione della produzione di rifiuti sia in volume che in quantità e riduzione del rischio legato al tipo di rifiuti prodotti. Tutto ciò incentivando, promuovendo e diffondendo l’utilizzo di tecnologie pulite.
2. Recupero dei rifiuti sia per quanto riguarda il riciclo che il riutilizzo delle materie prime seconde e infine il recupero energetico tramite incenerimento o compostaggio ( teleriscaldamento, produzione biogas, etc. )
3. Lo smaltimento deve risultare la fase residuale del processo di gestione. Solo nel caso sia impossibile mettere a compimento uno dei punti precedenti la soluzione si cerca nell’incenerimento ( dal 1999 possibile solo nel caso di termoconvertitori con recupero energetico ) o nello smaltimento in discarica.

La definizione di ‘rifiuto’ data dalla legge ha creato diverse problematiche interpretative negli ultimi anni, tanto che l’ultima legge, emanata proprio per chiarire tale definizione ( N.178 dell’ 08/08/2002 ) è stata seguita da una circolare del Ministro per l’Ambiente che dava nuovamente dei chiarimenti, soprattutto quel che concerne la disciplina e la definizione di Materie Prime Seconde (MPS).
I rifiuti si dividono in base ai criteri di provenienza e pericolosità in :
RSU ( Rifiuti Solidi Urbani ) e in Rifiuti Speciali.
escludendo i rifiuti domestici, in RSNP (Rifiuti Solidi Non Pericolosi) e RSP (Rifiuti Solidi Pericolosi).

Il trend di produzione dei rifiuti è in Italia, come in tutti i Paesi Industrializzati, in crescita. E’ per tale motivo che numerosi interventi per ridurre i rifiuti sono stati fatti negli ultimi anni, anche per quanto riguarda la gestione degli imballaggi, che hanno un peso sempre più rilevante sulla produzione di rifiuti industriali.
La destinazione più comune per lo smaltimento di ogni tipo di rifiuto rimane la discarica, che viene adottata su circa il 75-80% dei rifiuti prodotti. Ultimamente l’utilizzo delle discariche sta lievemente calando a favore dei termovalorizzatori (inceneritori, che dal gennaio 1999 devono essere dotati di sistemi di recupero energetico), ma il maggior impatto che questa tecnica produce sulla popolazione limitrofa limita il loro uso a circa il 10% del totale.
Rimane un purtroppo esiguo 10-15% di rifiuti, che vengono recuperati, sia tramite riciclo che riuso.
Bisogna far presente che la raccolta differenziata, mezzo principe per il recupero, ha una distribuzione molto disomogenea sul territorio nazionale: mentre in alcune città del Nord si raggiungono anche valori superiori al 35%, si hanno per contro valori che raggiungono pochi punti percentuali in diversi centri del Sud.
Tale situazione è causata dalla carenza di infrastrutture, che è un problema cronico del meridione, ma anche dalla mancanza di una sviluppata coscienza del problema ambientale.
Il problema della gestione dei rifiuti è però comune a tutte le grandi città sia del Sud come Napoli, che del Nord come Milano ed è quindi di grande importanza trovare una strategia comune per risolverlo a livello nazionale. Questo è difatti lo scopo del Decreto ‘22/97’.
Ai Comuni viene lasciato il compito di organizzare la raccolta dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU), e di organizzare e gestire la raccolta differenziata all’interno dei confini municipali e in ottemperanza alle indicazioni della Provincia e della Regione.
Inoltre compito dei Comuni è quello di realizzare dei ‘Regolamenti’ rispettosi dei criteri di efficacia,efficienza ed economicità, che contengano le modalità del servizio di raccolta e trasporto degli RSU e del recupero tramite raccolta differenziata.
Lo Stato assume su di sè solo competenze di indirizzo e coordinamneto, la definizione di criteri generali e metodologie per la gestione integrata dei rifiuti e infine l’adozione delle norme tecniche per la gestione dei rifiuti, dei rifiuti pericolosi e di determinate tipologie di rifiuti.
Le Regioni predispongono, adottano e aggiornano, sentite le Province e i Comuni, i ‘Piani Regionali di Gestione dei Rifiuti’. Approvano e autorizzano nuovi impianti per la gestione dei rifiuti e i piani di bonifica delle aree inquinate.

Le Province, che, a meno di specifica decisione della Regione di pertinenza, sono definite Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) per la gestione dei rifiuti, assumono un ruolo fondamentale, con diverse funzioni tra cui:
programmazione e organizzazione dello smaltimento a livello provinciale dal punto di vista amministrativo;
controllo e verifica degli interventi di bonifica;
individuazione, sentiti i Comuni, delle zone idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei Rifiuti Solidi Urbani, nonché delle zone idonee a tali trattamenti;
iscrizione di imprese o Enti sottoposti a procedure semplificate;
organizzazione di attività di raccolta differenziata.

Dei rifiuti speciali, che si distinguono in pericolosi e non pericolosi, solo poco più di un terzo è composto da rifiuti pericolosi. Questi derivano, per la quasi totalità, da produzione di metalli e loro leghe e dall’industria chimica e farmaceutica.
Per questo tipo di rifiuti il D.Lgs. 22/97 stabilisce il divieto di miscelazione con rifiuti non pericolosi o tra rifiuti pericolosi appartenenti a diverse categorie (Art.9).
Ci sono 40 categorie di rifiuti pericolosi elencati nell’Allegato G del Decreto. All’interno della lista CER (Catalogo Europeo dei Rifiuti), quelli pericolosi sono indicati con un asterisco(*).Esistono poi sostanze, chiamate voci speculari, la cui pericolosità è funzione della quantità e deve comunque essere prima analizzata per essere catalogata; esse sono sottolineate nel CER.
Per quanto riguarda il trasporto dei rifiuti il ‘DM 01/04/98 N.145’ ha emanato il modello uniforme di formulario (valido per qualsiasi rifiuto, pericoloso o non).
Il formulario deve seguire il rifiuto in tutto il suo percorso fino allo smaltimento finale o al recupero.
Ricevuta la copia di ritorno del suddetto (quarta copia), il produttore del rifiuto è esente da ogni responsabilità sulla scorretta gestione dei rifiuti prodotti. Tale esenzione si ottiene, ovviamente, anche in caso di conferimento del rifiuto al Servizio Pubblico di Raccolta (Art.15).
Inoltre i produttori, i trasportatori e i gestori dei rifiuti devono compilare i registri di carico e scarico che danno evidenza delle caratteristiche, del deposito, del trasporto e dello smaltimento o recupero del rifiuto stesso (con cadenza almeno settimanale). Essi vanno conservati per almeno 5 anni dalla data dell’ultima registrazione (Art.12).
Il Decreto istituisce inoltre un catasto dei rifiuti, che seppur a oggi non è ancora entrato in funzione regolarmente, obbliga comunque a compilare il cosiddetto MUD (Modello Unico di Dichiarazione ambientale) tutti coloro che effettuano a titolo professionale attività di raccolta, trasporto, smaltimento o recupero di rifiuti (per i quali esiste un Albo Nazionale di riferimento), nonché le imprese che producono rifiuti pericolosi oppure non pericolosi derivanti da lavorazioni artigianali e industriali.
Sono esonerati da tale obbligo, e solo nel caso di produzione di rifiuti non pericolosi, i piccoli imprenditori artigiani che non abbiano più di tre dipendenti; sono esclusi inoltre coloro che conferiscono i rifiuti al servizio di raccolta pubblico e le imprese commerciali e di servizi che non producano rifiuti pericolosi.
La comunicazione deve essere annuale e deve contenere quantità e caratteristiche qualitative dei rifiuti prodotti (Art.11).
Il D.Lgs. 22/97 elimina quella che veniva definita ‘tassa ambientale’ e introduce la tariffa. Essa deve essere riscossa dal soggetto che gestisce il servizio.

I problemi per le Piccole e Medie Imprese sono legati essenzialmente a due fattori :
uno è dovuto all’incessante cambiamento che subiscono le normative riguardanti la gestione dei rifiuti, che il datore di lavoro di un’impresa spesso non è in grado di seguire. Inoltre la disciplina è facilmente fraintendibile per la sua complessità e c’è il rischio che vengano compiuti illeciti in completa buona fede.
un secondo problema è legato agli alti costi che comportano gli smaltimenti dei rifiuti pericolosi e il minimo avanzamento di quell’auspicata diminuzione della pericolosità delle materie prime che vengono utilizzate in produzione.

Infine una piaga a livello nazionale è quella della malavita organizzata, che ha trovato nella gestione dei rifiuti, e in particolar modo di quelli pericolosi, un ottimo settore d’investimento, sia tramite la gestione di discariche abusive, sia mediante il trasporto di rifiuti pericolosi.
Questo è un punto sul quale i legislatori hanno posto una notevole rilevanza, rendendo penale il reato di danno ambientale.
Oltre al Decreto Ronchi esistono altre leggi e regolamenti attuativi che controllano e disciplinano la gestione di rifiuti cancerogeni (per esempio le leggi sull’amianto), tossici, radioattivi o infetti ( come quelli derivanti da farmacie e ospedali).
In conclusione esistono in Italia leggi e opportunità per lo sviluppo delle tecnologie pulite con finanziamenti (per esempio la legge 46/82) e o agevolazioni per le PMI.
Il problema sta nel creare consapevolezza sull’importanza del problema e del possibile risparmio che una gestione efficiente dei rifiuti può comportare.

Se l’impresa investe oggi su materie prime meno impattanti sull’ambiente, sul recupero e riutilizzo degli scarti di produzione o dei residui,e sulla riduzione del carico di rifiuti puntando sulle migliori tecnologie presenti sul mercato (BAT), magari non vedrà subito il vantaggio, ma avrà nel medio periodo parecchi benefici, tra cui si possono citare:
minori costi di smaltimento dei rifiuti;
minori spese perla fornitura delle materie prime;
tariffe ambientali più basse (anche grazie alle agevolazioni);
riscontro d’immagine sul mercato;
una superiorità tecnologica sulle imprese concorrenti, che permetterà oltre ad una migliore efficienza dei processi, anche la possibilità di adeguarsi alle sempre rinnovate normative cogenti, senza il peso di nuove spese.

Alla luce di queste considerazioni è molto importante sviluppare un sistema informativo capace di fornire quelle informazioni sulla gestione dei rifiuti di cui tutti coloro che hanno un’attività necessitano e di formare quei lavoratori che sono parte di imprese che per un motivo o per l’altro sono coinvolte in tale sistema e che quindi si devono scontrare con esso per questo infatti è importante partecipare ad un corso per la gestione dei rifiuti, cosi da imparare tecniche e strategie da poter applicare in azienda.